Da mesi questo tema intrigava la mia mente, sollecitata da un thread su un Forum cui partecipavo.
Il post DOPOGUERRA, che ho pubblicato qui sotto nasce da un'improvvisa onda della memoria che mi invia immagini della mia storia famigliare: sentimenti, ansie, eventi...
Ho contattato il mio quotidiano locale, il Resto del Carlino, e attraverso un blog, della studiosa Bruna Bianchi, ho avuto la risposta alla mia richiesta di avere qualche ragguaglio sulla spedizione del comm. Borsari nel 1948.
Fra parenti e amici avevo potuto racimolare solo incerte informazioni, forse non sempre riferite alla spedizione, forse dovrei consultare i faldoni degli archivi del mio paese...ma questo contributo Di Bruna Bianchi voglio citarlo qui!
[i]"Quando si arriva a Ushuaia un cartello annuncia subito che lì finisce il mondo. Sotto ci sono solo i ghiacci della Terra del Fuoco, ultimo lembo dell'Argentina. Mille abitanti vivono nella città più australe del mondo, dove d'estate si raggiungono a malapena i 15 gradi e dove solo la bellezza del paesaggio ripaga da tanta lontananza. Ushuaia però se è una città e non più un luogo ostile che ospitava solo un penitenziario, lo deve a un bolognese, l'imprenditore edile Carlo Borsari, che nel 1948 ha costruito la casa per 650 immigrati italiani. L'hanno chiamata una spedizione titanica, la prima, perfettamente riuscita, con l'intento di costruire una città. Fu il presidente dell'Argentina Juan Peròn a concedere l'appalto per i lavori all'imprenditore bolognese, ambizioso uomo d'affari in un dopoguerra italiano che prometteva onori a chi aveva la capacità di trovare manodopera disposta anche a sacrifici pur di lavorare. Era il secondo decennio dell'emigrazione verso il Sud America, quasi sempre verso la capitale Buenos Aires o la provincia di Cordoba e Santa Fè. Invece Borsari riuscì a portare uomini donne e bambini fin laggiù, vicino ai ghiacci dell'Antartide. Prima toccò agli uomini. La nave "Genova" sbarcò ad Ushuaia il 28 ottobre 1948 con operai e materiali per costruire la nuova città. Si lavorò due anni, col freddo e con la neve, senza luce e in condizioni dure per costruire opere murarie e idrauliche, case e chiesa. La lena venne un po' dall'orgoglio nazionale e un po' dal sapere che nel contratto era previsto il ricongiungimento con le famiglie lasciate in patria. E quando tutto fu pronto da Genova salpò un'altra nave, il 6 settembre 1949. Sulla "Giovanna Costa" c'erano le famiglie dei 650 immigrati del primo scaglione. Molti scelsero di tornare in Italia alla consegna della città e altri restarono o si spostarono a Buenos Aires. Sessant'anni dopo il 40 per cento degli abitanti di Ushuaia ha un cognome italiano e un museo ricorda l'imrpesa del bolognese Borsari che riuscì a costruire una piccola Italia alla fine del mondo."[/i]
Il post DOPOGUERRA, che ho pubblicato qui sotto nasce da un'improvvisa onda della memoria che mi invia immagini della mia storia famigliare: sentimenti, ansie, eventi...
Ho contattato il mio quotidiano locale, il Resto del Carlino, e attraverso un blog, della studiosa Bruna Bianchi, ho avuto la risposta alla mia richiesta di avere qualche ragguaglio sulla spedizione del comm. Borsari nel 1948.
Fra parenti e amici avevo potuto racimolare solo incerte informazioni, forse non sempre riferite alla spedizione, forse dovrei consultare i faldoni degli archivi del mio paese...ma questo contributo Di Bruna Bianchi voglio citarlo qui!
[i]"Quando si arriva a Ushuaia un cartello annuncia subito che lì finisce il mondo. Sotto ci sono solo i ghiacci della Terra del Fuoco, ultimo lembo dell'Argentina. Mille abitanti vivono nella città più australe del mondo, dove d'estate si raggiungono a malapena i 15 gradi e dove solo la bellezza del paesaggio ripaga da tanta lontananza. Ushuaia però se è una città e non più un luogo ostile che ospitava solo un penitenziario, lo deve a un bolognese, l'imprenditore edile Carlo Borsari, che nel 1948 ha costruito la casa per 650 immigrati italiani. L'hanno chiamata una spedizione titanica, la prima, perfettamente riuscita, con l'intento di costruire una città. Fu il presidente dell'Argentina Juan Peròn a concedere l'appalto per i lavori all'imprenditore bolognese, ambizioso uomo d'affari in un dopoguerra italiano che prometteva onori a chi aveva la capacità di trovare manodopera disposta anche a sacrifici pur di lavorare. Era il secondo decennio dell'emigrazione verso il Sud America, quasi sempre verso la capitale Buenos Aires o la provincia di Cordoba e Santa Fè. Invece Borsari riuscì a portare uomini donne e bambini fin laggiù, vicino ai ghiacci dell'Antartide. Prima toccò agli uomini. La nave "Genova" sbarcò ad Ushuaia il 28 ottobre 1948 con operai e materiali per costruire la nuova città. Si lavorò due anni, col freddo e con la neve, senza luce e in condizioni dure per costruire opere murarie e idrauliche, case e chiesa. La lena venne un po' dall'orgoglio nazionale e un po' dal sapere che nel contratto era previsto il ricongiungimento con le famiglie lasciate in patria. E quando tutto fu pronto da Genova salpò un'altra nave, il 6 settembre 1949. Sulla "Giovanna Costa" c'erano le famiglie dei 650 immigrati del primo scaglione. Molti scelsero di tornare in Italia alla consegna della città e altri restarono o si spostarono a Buenos Aires. Sessant'anni dopo il 40 per cento degli abitanti di Ushuaia ha un cognome italiano e un museo ricorda l'imrpesa del bolognese Borsari che riuscì a costruire una piccola Italia alla fine del mondo."[/i]
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