Passa ai contenuti principali

Tarassaco..e altro

Un praticello bonsai, in cui l'erba non esiste più...il tarassaco è il nemico dei giardinieri


Il frutto del tarassaco, un pappo curioso, che con un soffio, da cui anche il nome Soffione, sparge nell'aria i suoi semi...molto prolifico, quindi!
Il fiore è un bottone giallo vivo sul verde del prato, già da marzo è una gioia questo punteggiare di luce

La pianta cresce velocemente, sui prati, ai bordi delle strade, dal piano al monte


Le prime crescite primaverili sono ottime per le insalate miste, o da sole con vario condimento, per camuffare l'amarognolo



tarassaco del mio praticello:
Ha cominciato a crescere sempre più abbondante di anno in anno e ci regala ad ogni primavera i suoi bei fiori gialli e i soffioni, che i miei nipotini con curiosità e divertimento distruggono in un "soffio". Abbiamo deciso di non annientarlo, per non volere riseminare l'insulsa erbetta, permalosa e pretenziosa di cure e innaffiagioni, ma di aspettare le sue fresche foglie per le insalate primaverili, o di utilizzarlo come verdura cotta o per ripieni di torte del periodo pasquale. Ha delle proprietà medicinali, sia per la tradizione orale dei nostri nonni, sia per le analisi scientifiche che si continuano a fare. Ilsuo nome scientifico è Taraxacum Officinale, famiglia Asteraceae, sottofamiglia Cichorioideae, per cui si può confondere a volte con erbe simili, ma il "soffione" lo rende inconfondible. In tutto il mondo è conosciuto con nomi strani, diversi, soprattutto che richiamano gli effetti che produce sull'organismo. Per la forma delle sue foglie viene chiamato "Dente di Leone".
Non sto ad elencare le caratteristiche , né le proprietà terapeutiche, ma scrivo solo la piccola memoria personale, che accompagna questa pianticella, che per noi di campagna, aveva un che di magico. Staccando la cannuccia del soffione, la si tranciava a metà e si recitava una breve invocazione dialettale:
piva, piva da sunèr, 
dèm 'na ghemba da balèr....
 
poi non la ricordo più!!!

Il soffio poi era come un atto di magia, per rendere felice e fortunato il nostro futuro, o per favorire l'avverarsi di desideri .
Prima di tutto lo dovevamo "lasciare da parte", nelle nostre ricerche del radicchio "cioccapiatto", che assomiglia al tarassaco, ma è più scuro, più appiattito sul terreno e ha un fiore azzurro. Il radicchio selvatico era la cena per tutta la stagione primaverile, vedevi gente che anche dal paese veniva nelle carreggiate erbose delle campagne, o nei campi liberi dalle colture abituali, a cercarlo. Chini verso il suolo, con un coltellino in mano e la grande sporta di paviera nell'altra, procedevano a tappeto, e man mano davano dei colpetti sicuri aderenti alla radice della pianticella individuata , la estraevano e la ripulivano grossolanamente intorno, togliendo anche le foglie più dure.
A casa si faceva l'operazione più delicata, il radicchio veniva frazionato per il lungo in tanti spicchi, che comprendevano un po' di radice scorticata e le foglie. Si lavava bene, poi lo si scolava e asciugava nella reticella, scuotendolo ad altalena, avanti e indietro. Si riempivano delle enormi terrine di sasso, bianche e pesanti, si condiva con un po' di sale, olio e aceto, ma il condimento più adatto era una bella spadellata di pezzetti di pancetta sfrigolante, che vi si versava sopra, per smorzare il vigore del radicchio fresco, e subito una bella cucchiaiata di aceto robusto, fatto in casa. Forse un uovo fritto, o qualche fetta di salame, se era ancora stagione, si accompagnava al piatto.
Il tarassaco non aveva questo privilegio, nella mia famiglia solo ultimamente lo si utilizza in cucina, anche perché il radicchio selvatico non esiste quasi più nelle campagne, mentre il tarassaco è molto frequente nei prati. Il suo sapore è amarognolo, ma con opportuni accorgimenti, una cottura in molta acqua, aggiunta di limone, una carota, si ottiene una pietanza ottima.Con la torta salata che realizzo con formaggi e uova, ottengo un piatto gradevole.Lo utilizzo molto anche nell'erbazzone, magari con aggiunta di carota o zucchina, per ammorbidirne il sapore, e persino nello strudel.
Il tarassaco era la "preda ambita" di altri personaggi, che in determinati periodi frequentavano le nostre campagne, a scegliere accuratamente quello che per noi era quasi proibito!
Raccoglievano camomilla, malva, gramigna....e il tarassaco, che aveva anche il nome-spauracchio "piscialetto", che poi vendevano a speziali del paese, per fare decotti, tisane e unguenti.
Ora sto proprio raccogliendo la nuova crescita, è molto buono in insalata, con noci, uova, olio, pepe, aceto e senape, soprattutto quando sono giovani...altrimenti una bella spadellata di tarassaco lessato in molta acqua, per togliere parte dell'amaro...e con olio, sale pepe e limone, ecco un contorno ottimo. 

Licenza Creative Commons
This opera is licensed under a Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported License.

Commenti

Anonimo ha detto…
peccato che non abitiamo tanto vicine, sennò ti spedirei tutto il tarassaco che cresce sul mio terrazzo!
ivana ha detto…
ho capito, ho capito che sei una "giardiniera"!!!!!!

Ti faccio vedere quale abissale differenza fra il mio cortiletto dietro casa e quello della mia vicina Daniela, un piccolo paradiso!!!!

Ciao!!!
isabella ha detto…
Io il tarassaco lo adoro, quando possiamo andiamo a raccogllierlo nel prato in montagna, poi ci impieghiaamo un'altra mezza giornata per pulirlo.. insomma ci divertiamo e poi lo mangiamo lesso e passato nel burro
ivana ha detto…
Hi Isabella!
Thanks!
Your blog is very nice and interesting!!!
Le tue caccavelle sono in concorrenza anche con le mie!!!!

Ciao
bruchina ha detto…
Pensa che da anni non mi ricordavo mai di cogliere l'insalata di campo, qualche settimana fa, dopo averla vista in vendita in negozio, mi sono ricordata di averlo in abbondanza in campagna, è già un mese che mi faccio grandi scorpacciate di insalata mista
ciao Roberta
ivana ha detto…
Ciao Bruchina,

grazie ...

per i commenti che hai nominati, non li ho avuti, se non in parte!
Qui abbiamo tosato il praticello, ma in tre giorni il fiore è comparso bello, basso, ma rigoglioso!!
Sabrina ha detto…
Ciao Ivana, ti ho trovato per caso su internet e, complimenti davvero per il tuo blog!
Mi chiamo Sabrina e sono una ricercatrice dell'Università di Bologna e le mie ricerche si concentrano proprio sulle tradizioni del bolognese su quelle che erano (e sono) le piante selvatiche utilizzate nell'alimentazione. Mi farebbe veramente tanto piacere poterti incontrare perché potresti sicuramente arricchire la mia ricerca con i tuoi saperi e le tuoi ricordi. Se ti fa piacere, questa è la mia mail: sabrina.sansanelli@libero.it
Ad ogni modo grazie e comunque seguirò il tuo blog.
sabrina

Post popolari in questo blog

BAMJE, OKRA; GOMBO ...un INCONTRO SERENO

Il G. ed io abbiamo fatto dopo anni ritorno alla casa di una coppia di amici, che purtroppo non ci sono più, erano molto più anziani di noi: Nella grande casa in mezzo al verde vive Roberta, la figlia minore...a lei dobbiamo portare il nostro saluto, ma anche le condoglianze per la morte prematura di sua sorella Luisa. Dolore e mestizia, ma il rievocare la nostra frequentazione per decenni della loro casa le ha addolcito quell'ora, distogliendola dal presente. Armando, il compagno rientrato dal lavoro, è  gentile e attento, lo vedevo qualche volta lì in casa, ma ora mi rendo conto quanto sia disponibile, premuroso... Dobbiamo venir via...ci accompagnano, e viene il discorso del cibo, e Armando ci presenta il suo orto, e non solo... Una striscia del parco è adibita ad orto, piante di pomodoro, sostenute da frasche di legno, melanzane violette e un quadrato di rigogliose foglie verde scuro, che mi ricordano l'ibisco e il malvone...questa pianta Armando voleva proprio mostra

Lo SCALDALETTO di una VOLTA

Antichi oggetti del contadino, in una casa colonica-museo della Bassa Modenese. Testo e immagini di ivanasetti Nelle case di campagna fino ad alcuni decenni fa non esisteva il riscaldamento dell'intera abitazione. La grande cucina aveva il camino e il fuoco scaldava solo questo ambiente o, al limite, la canna fumaria in muratura che attraversava in verticale le camera del piano superiore, dava una specie di tepore, che nelle ore delle notti invernali scemava man mano. Per togliere il crudo gelo alle lenzuola, nelle stanze da letto sempre fredde, si usava il "prete" che è il telaio di legno da infilare sotto le lenzuola e le coperte, entro il quale si appoggiava la "suora", lo scaldino colmo di braci, ma nascoste nella cenere, per non provocare rischio di incendio! C'era un"prete" per ogni letto e dopo cena si incaricava sempre qualcuno di portare la "suora" nei rispettivi letti! E nessuno voleva farlo, non era piacevole salir

La vecchia salsa da lesso del suocero

Anche se poi non raggiungo mai il risultato equivalente! Tanto per cominciare si usavano solo i prodotti dell'orto, che un tempo erano un po' scarsini. Si dovevano avere essenzialmente questi ortaggi: non i bei peperoni carnosi di oggi, ma i diavolicchi verdissimi e piccantissimi, le pastinache, così chiamavano le carote, le solite cipolle e il sedano verde, e tantissimo prezzemolo; la rifinitura era l'aceto agro fatto in casa, con i rabbocchi dei resti di vino! (Non dovrei dirlo, ma 'sto aceto a volte era solo acido!) Vi passo le immagini della mia versione, come prassi, si va ad occhio! Senz'altro non eccedo in prezzemolo, perché mi piace vedere il pot pourrit di colori, inoltre do un finale tocco di addensamento con farina che proprio non ci dovrebbe andare, perché importante era avere la parte oleosa ben separata dalle verdure, mentre la farina dà consistenza cremosa.