Passa ai contenuti principali

da LAURO's, dal 1846

Il pane che si mangia da Lauro's

Il suo gnocco!!!!




Proprio a ridosso del fiume Panaro, che scorre nella bassa modenese e segna il confine tra bolognese e modenese quando tocca il territorio del mio comune, c'è una trattoria di proprietà della stessa famiglia fin dal 1846. Già dal settecento, questa famiglia, aveva la gestione dell'attraversamento del fiume, con barche, e proprio in questo punto si era formato un "porto commerciale" per le merci di prima necessità, che arrivavano per via d'acqua.Il Panaro , dalle nostre parti, attraversando la pianura, ha bisogno degli argini, in certi punti altissimi e ripidi, soggetti purtroppo a molte rotture ed esondazioni, soprattutto all'inizio della primavera, quando i torrenti che nascono dagli Appennini, si ingrossano a dismisura e vi si riversano, tumultuosi.Vicino alla casa di Lauro, che è appunto il gestore della trattoria, vi sono impilati a ridosso del ripido argine molti sacchi di sabbia, che servono per rafforzare il punto critico, quando incombe il pericolo. Dei gradini scavati nella terra erbosa , conducono sul Lungo Panaro, un sentiero battuto, proprio sulla costura dell'argine, che per chilometri, a tratti anche ghiaiato, serve da camminamento per podisti dilettanti, mentre un tempo era la pista per i cavalli da lavoro, che trascinavano le zattere cariche di materiale e viveri. Nella buona stagione, quando il Panaro è solo un corso d'acqua modesto, limaccioso, là in fondo, fra sterpi e alberi che vi crescono a lato, dopo un bel pranzo, saliamo la scaletta, tenendoci al corrimano in corda e chiacchierando ci facciamo una bella passeggiata, come digestivo.La cucina che troviamo da Lauro è tradizionale, limitata nel numero di ricette, ma siamo sicuri che viene ancora eseguita con la cura di un tempo, soprattutto con passione.Al posto del pane possiamo richiedere "il" gnocco, quindi la caratteristica focaccia padana, ricca di "grasso" di maiale, visto che qui è proprio la sua zona. Te lo portano in un cestino col suo bel tovagliolo frangiato, la scia fumante sprigionata invade tutta la sala.L'impasto consiste solo di farina, sale, acqua e lievito (oggi di birra), ma è il metodo per farlo che lo rende così saporito: steso l'impasto, non ancora lievitato, perchè non si stenderebbe bene, lo si spennella di strutto, che qui è il prodotto di "scarto" nella preparazione e cottura dei ciccioli (una delizia!), lo si ripiega per due volte, lo si pressa con il matterello, perché si compatti, e lo si cuoce al forno dopo un paio d'ore di lievitazione o anche più, al riparo da correnti, ricoperto da un telo doppio di canapa.Sembra un oasi al di fuori del tempo e dello spazio, ma poi ci si accorge, che puoi pranzare, avendo come commensale all'altro tavolo un fabbricante di maglieria, o un docente universitario, o nel ristretto spazio al centro della sala, un dilettante della chitarra, o una cantante ancora in auge, che porge le sue canzoni nostalgiche.

Commenti

Post popolari in questo blog

BAMJE, OKRA; GOMBO ...un INCONTRO SERENO

Il G. ed io abbiamo fatto dopo anni ritorno alla casa di una coppia di amici, che purtroppo non ci sono più, erano molto più anziani di noi: Nella grande casa in mezzo al verde vive Roberta, la figlia minore...a lei dobbiamo portare il nostro saluto, ma anche le condoglianze per la morte prematura di sua sorella Luisa. Dolore e mestizia, ma il rievocare la nostra frequentazione per decenni della loro casa le ha addolcito quell'ora, distogliendola dal presente. Armando, il compagno rientrato dal lavoro, è  gentile e attento, lo vedevo qualche volta lì in casa, ma ora mi rendo conto quanto sia disponibile, premuroso... Dobbiamo venir via...ci accompagnano, e viene il discorso del cibo, e Armando ci presenta il suo orto, e non solo... Una striscia del parco è adibita ad orto, piante di pomodoro, sostenute da frasche di legno, melanzane violette e un quadrato di rigogliose foglie verde scuro, che mi ricordano l'ibisco e il malvone...questa pianta Armando voleva proprio mostra

Lo SCALDALETTO di una VOLTA

Antichi oggetti del contadino, in una casa colonica-museo della Bassa Modenese. Testo e immagini di ivanasetti Nelle case di campagna fino ad alcuni decenni fa non esisteva il riscaldamento dell'intera abitazione. La grande cucina aveva il camino e il fuoco scaldava solo questo ambiente o, al limite, la canna fumaria in muratura che attraversava in verticale le camera del piano superiore, dava una specie di tepore, che nelle ore delle notti invernali scemava man mano. Per togliere il crudo gelo alle lenzuola, nelle stanze da letto sempre fredde, si usava il "prete" che è il telaio di legno da infilare sotto le lenzuola e le coperte, entro il quale si appoggiava la "suora", lo scaldino colmo di braci, ma nascoste nella cenere, per non provocare rischio di incendio! C'era un"prete" per ogni letto e dopo cena si incaricava sempre qualcuno di portare la "suora" nei rispettivi letti! E nessuno voleva farlo, non era piacevole salir

PLATESSA al MICROONDE!!!

Il microonde è un elettrodomestico che mi piace sempre di più, sia a pranzo che a cena mi sono preparata due piatti semplici, simpatici...me lo dico da me stessa, ma in fondo anche il G. gradisce! Una confezione di platesse surgelate coop,  sono 6 filetti, per il pranzo delle Ceneri. Non sono molto amante dei pesci così delicati, piatti da malatini, mi ricordano le infinite volte che si preparano per bambini inappetenti, che poi lo diventano ancora di più! Nella padella si sbriciolano, non sai come voltarli, o ci fai una tale impanatura...che poi mangi solo pane bruciacchiato! O sono io che non so trattarli!  Stavolta invece ecco come ho fatto! Testo e immagini di ivanasetti 6  filetti di platessa scongelati, tenuti in un po' d'acqua e limone, poi asciugati 1  pomodoro maturo sodo e grande, tagliato a fette di pochi millimetri 1/2  limone, succo 2  cucchiaini di prezzemolo secco 2  cucchiaini di salamoia bolognese 2+2  cucchiai di olio e.v. 2       cucchiai di